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ALTRE
IPOTESI
SUL COGNOME
"
LO SCHIAVO"
di
**FRANCO NAZZARENO LO SCHIAVO**
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PRESENTAZIONE
Anche
se le conclusioni raggiunte dall'Autore possono essere diverse o in qualche
modo discostanti, da quelle in precedenza da noi manifestate in questo
sito, pubblichiamo con piacere queste "ALTRE IPOTESI SUL
COGNOME LO SCHIAVO" con lo spirito di rendere sempre un
gradevole servizio a chi fosse interessato a leggere le nostre pagine.
Pertanto si riportano in questa pagina alcune teorie che riguardano la
derivazione linguistica ed anche gli aspetti geografico-sociali che insieme
diedero vita al cognome LO SCHIAVO con particolare riguardo
verso i folti gruppi di LO SCHIAVO di Calabria.
Queste teorie sono brillantemente esposte da FRANCO
NAZZARENO LO SCHIAVO che è stato ed è
il più importante nostro omonimo che ha sempre collaborato
con questo sito www.loschiavo.it.
Ospitiamo con gratitudine le Sue opinioni perché è a noi
ben noto il Suo impegno profuso nella stesura del corposo lavoro di ordine
storico ("Genealogia dei Lo Schiavo di Monteleone di Calabria
– Vibo Valentia") .
Il suddetto lavoro si occupa delle diverse diramazioni familiari calabresi
dal punto di vista storico-genealogico e questa pagina è solamente
uno stralcio della sezione VI che riguarda alcune teorie di ordine etimologico
sul cognome "LO SCHIAVO", confortate da riferimenti
bibliografici precisi, che indicano senza alcun dubbio l'ultradecennale
lavoro eseguito nell'oscuro ed ingrato mondo degli amatori della conservazione
di radici antiche.
Anche nel caso delle teorie dell'amico FRANCO NAZZARENO LO SCHIAVO,
così come fatto per altri, ci piace ricordare che la pagina seguente
è una trascrizione integrale delle suddette teorie,
che si integra perfettamente nella visuale garantista di questo sito.
E' così che presentiamo, a coloro che ne fossero interessati, le
diverse linee di pensiero riguardanti gli argomenti di cui sopra ed inoltre
confermiamo che le nostre pagine sono sempre aperte a tutti coloro che
avessero il desiderio e il piacere di voler fornire dati nuovi, notizie
o quant’altro serva a meglio chiarire qualsiasi affermazione già
fatta da noi o da altri.
Lasciamo all'amico
FRANCO NAZZARENO LO SCHIAVO l'onere della responsabilità delle
affermazioni da Lui fatte insieme al piacere (interpretando i suoi pensieri
!) di dichiararsi fin da ora a disposizione di chiunque volesse avere
migliori informazioni o chiarimenti sugli argomenti da Lui trattati.
Riteniamo anche possibile la Sua disponibilità a meglio definire
argomenti inerenti la Sua opera : "Genealogia dei Lo Schiavo
di Monteleone di Calabria – Vibo Valentia" che per
la sua corposità e diffusa utilizzazione di fonti anagrafiche e
storiche può essere delucidata solamente dall'Autore medesimo.
Franco
Nazzareno Lo Schiavo >>>>>postmaster@loschiavo.it
E' con questo
spirito che rinnoviamo il nostro ringraziamento a FRANCO NAZZARENO LO
SCHIAVO per il presente contributo e per la continua amichevole attenzione
verso questo website www.loschiavo.it .
antonio
7° lo schiavo di S.Marina Salina
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ETIMOLOGIA
Da: “Genealogia dei Lo Schiavo di Monteleone
di Calabria – Vibo Valentia”
di Francesco Nazzareno Lo Schiavo ---- sezione VI
L’analisi etimologica del cognome trattato inevitabilmente ci porta
a considerarne l'origine come derivante da una precisa condizione sociale:
quella, appunto, della schiavitù.
In effetti, la parola "schiavo" deriva dal latino medievale
sclavus, slavus: "prigioniero di guerra". Ma dalla parola slavus
deriva anche il nome degli slavi.
Benché non esista concordanza di opinioni riguardo al nome degli
slavi, che ricorre negli etnomini slovàki, (slovacchi) e slovenci,
(sloveni), rilevo dalla "Treccani" [1],
secondo un’etimologia questi nomi sarebbero connessi con la parola
slovo, (parola): gli slavi sarebbero dunque "i parlanti", cioè
coloro che "si esprimono in un idioma comprensibile", in contrapposizione
ai tedeschi, "i muti", quelli, cioè, che "parlano
in modo da non farsi intendere".
Vi sono altre etimologie tra le quali la più verosimile fa risalire
il nome a una radice indoeuropea klew, (bagnare, pulire), che darebbe
il valore di "abitanti presso un luogo umido o presso un corso d’acqua
chiamato Slovo o Slova".
Anche il Rohlfs [2] accoglie, sostanzialmente,
questa ipotesi. Secondo lui il cognome deriverebbe da "sclavo",
cioè slavo e, in particolare, il cognome "Schiavone"
trarrebbe origine da "Schiavon delle Venezie: della Slavonia".
Se così fosse, si ammetterebbe che il mio cognome trae origine
non dalla condizione di schiavitù dei miei più antichi antenati
ma dalla loro provenienza.
Peraltro, anche il nome del Comune di Schiavi d'Abruzzo (anticamente chiamato
Sclavi) trae origine dal fatto che fu fondato da una colonia di slavi;
ai tempi dei Normanni esso divenne feudo di Roberto da Sclavo. Il documento
più antico ove si parla del territorio di Sclavi risale all'anno
922 [3].
Le antiche popolazioni slave lasciarono traccia evidente del loro nome,
in questo caso, in quello che poi divenne un comune e, in altri casi,
in quello che poi divenne un vero e proprio cognome.
Il primo ceppo degli slavi apparve all’improvviso al confine dell’impero
bizantino nei primi decenni del 6° secolo d.C.. Ma le vicende guerriere
degli "Schiavoni" nell’Europa orientale sono collocabili
anche in epoche precedenti. Nell’anno 496 essi scacciarono dalla
Polonia i Goti che vi si erano stabiliti assieme agli Svevi dopo il primo
insediamento del popolo dei Sarmati [4].
Non posso, ovviamente, in questi scritti, dilungarmi nella trattazione
della storia del popolo slavo e delle sue migrazioni nel corso dei secoli
o nell’approfondimento dello studio delle origini della schiavitù,
per i quali argomenti rimando alla lettura di testi appropriati, a beneficio
di tutti coloro i quali volessero affrontarli specificamente.
Il De Felice [5] sostiene che,
nella maggior parte dei casi, questo cognome e tutte le sue varianti siano
"...la cognomizzazione di soprannomi e appellativi, da originari
nomi di condizione sociale o etnici, formati da schiavo e schiavone, che
dal Medio Evo all’età moderna hanno indicato non solo gli
individui di condizione non libera (prigionieri di guerra, schiavi e servi
senza diritti) ma anche, spec. nella forma schiavone (in veneto schiavon)
e sciavo, gli Slavi dell’Adriatico orientale (e schiavoni, a Venezia,
erano un corpo militare speciale della Repubblica nel Seicento e nel Settecento)”.
La notizia più remota riguardante un individuo con questo cognome
risale all’anno 822 d.C. quando “Tommaso lo Schiavo generale
saracino assedia Costantinopoli; il freddo l’obbliga a toglier quest’assedio”.
Ma l’anno dopo, l’823 “I Saraceni s’impadroniscono
dell’Isola di Creta e vi edificano la città di Candia, che
dà poi il nome a tutta l’isola"
[6].
A parte questa noticina nient’altro fa ricondurre l’origine
dei Lo Schiavo ad un ceppo saraceno. Vari e più sostanziali elementi
fanno propendere per una radice slava.
Vi è poi il curioso riferimento ad un certo Lo Schiavo di Bari,
in una antica novella scritta da un anonimo del XIII secolo, inserita
nella collezione detta Gualteruzziana (Bologna, 1525) e poi nella Borghiniana
(Firenze, 1572). Questa raccolta era titolata, all’inizio, “Le
cento novelle antiche” e successivamente “Novellino”
(la titolazione più conosciuta), ed anche “Libro di novelle
o di bel parlar gentile”.
Il “Lo Schiavo” cui ci riferiamo fu chiamato a redimere una
questione sorta tra due uomini per via di un prestito di trecento bisanti.
A proposito di tale personaggio, annota Giuseppe Morpurgo: “pare
si tratti di uno scabino, o giudice; a meno che non sia un Michael Sclavus,
governatore musulmano di Bari nel 925”.
Giuseppe Pensabene, in uno studio riguardante gli “Etnici orientali”
[7],
sostiene che il cognome Lo Schiavo ha chiara origine slava, e afferma
quanto segue: “Non si tratta del classico schiavo (servo) ma di
Schiavone, slavo.
L’Impero Bizantino fu in continuo contatto con queste popolazioni,
amiche e nemiche al tempo stesso e di cui alcune bande si sistemarono
perfino in Italia. La famiglia in questione ha il suo ceppo attuale a
Taurianova ma il suo albero genealogico si rifà a Bisanzio, dividendosi
nei tre rami di Napoli, delle Puglie, e della Calabria.”
A questo punto riporterei testualmente quanto scrive Franz Von Lobstein
[8], trattando le origini della
famiglia in questione e il suo insediamento in Calabria:
“Antica famiglia, stabilitasi nella prima metà del secolo
XVII in Radicena, proveniente da Seminara, ma di lontana origine veneto-dalmata.
Secondo la tradizione e le Cronache Calabresi del Canonico Addesi, i signori
Lo Schiavo discenderebbero da due fratelli, pronepoti di un nobile veneto,
che, bandito da Venezia sul finire del secolo XIII, si sarebbe rifugiato
in Dalmazia e cioè nella Schiavonia. A metà del secolo XV,
i ricordati due fratelli, fuggiti da una galera turca, avrebbero trovato
asilo sulla costa jonica della Calabria.
I loro discendenti, assunto il cognome Loschiavo, proprio in ricordo della
loro provenienza, si diramarono in Cittanova, Gerace e Seminara. Da qui
nei primi decenni del secolo XVII, Vincenzo, figlio di Nicola Loschiavo
di Seminara, a seguito di matrimonio pose la sua residenza in Radicena".
E appunto al catasto onciario di Radicena del 1742 troviamo la partita
del settantenne Antonio Lo Schiavo “del ceto nobile”, marito
della cinquantenne D. Anna Tropeano (costei era la seconda moglie) e padre
di un Domenico, ventiquattrenne, di un Pasquale, ventunenne, studente,
e di un Gaetano, seienne, nonché di una Teresa, ventiduenne, e
di una Elisabetta, quindicenne.
Dalle carte della R. Udienza di Catanzaro apprendiamo inoltre che il nostro
Antonino morì nel giugno del 1755 (Cart. L 239 - 4-X), dopo aver
istituito eredi i menzionati suoi figli cui vanno aggiunti un D. Francesco
Antonio e una D. Teodosia.
Un’annotazione patetica: nel testamento è fatto obbligo agli
eredi di contribuire con 9 ducati mensili al sostentamento del fratello
D. Domenico “scemo di cervello”.
Sempre le carte della R. Udienza ci mostrano il Dottor D. Pasquale Lo
Schiavo - che or ora abbiamo visto registrato nel catasto onciario come
ventunenne, studente - nel 1758 oggetto di ricorso per la revisione del
catasto (Cart. C 72 - 16-XV) e dieci anni dopo nel 1768, “giudice
e procuratore della Principessa di Gerace e Terranova” ancora una
volta oggetto di ricorso perché esercita quell’officio, e
da ben tre anni, nonostante sia “del posto” (Cart. A - 7-II).
Di D. Francesco Antonio Lo Schiavo apprendiamo che impalmò D. Angela
Plutino di Reggio, che aveva sposato prima nel 1790 senza il consenso
del genitore di lei, D. Vincenzo Antonio Plutino (Cart. 0-344 - 2-XIV).
L’esser stato D. Antonio Lo Schiavo di Radicena chiamato nel maggio
del 1754 a ricoprire l’incarico di Secondo eletto dei Nobili della
città di Mileto (ce lo dice il rogito del 7 maggio 1754 del notaio
Marc’Antonio Catalano di Mileto) va evidentemente posto in nesso
al fatto ch’egli era, come abbiamo più sopra ricordato, marito
di una dama di casa Tropeano, ascritta al seggio di Mileto, cui aveva
dato nel 1732 e nel 1736-37 un Eletto dei Nobili.
Il 15 novembre del 1823 il sac. D. Domenico Lo Schiavo ottenne un canonicato
nella cattedrale di Mileto.
Da D. Gaetano Lo Schiavo (1789-1858) figlio di D. Francesco Antonio (1736-1808),
figlio di D. Antonio (1672-1774) e di D. Anna Tropeano, nato il 28 marzo
del 1811, vide luce D. Pasquale nominato senatore del Regno d’Italia
il 24 maggio del 1863 per la 21a categoria (censo), cui Vittorio Emanuele
II re d’Italia con decreto del 29 gennaio 1865 concedeva il titolo
trasmissibile per primogenitura maschile di conte di Pontalto.
Non erano passati che poco più di cento anni dal momento in cui
il nostro D. Antonio ricopriva l’officio di Eletto dei Nobili di
Mileto e il titolo comitale del 1865 sopravveniva come una sorta di coronamento
dell’ormai ultrasecolare status nobiliare dei Lo Schiavo, che del
resto aveva visto già nel 1838 riconosciuto dalla Santa Sede tal
sua qualità con l’ammissione come convittore nobile del diacono
Michele Lo Schiavo all’Accademia Ecclesiastica.
Ed inoltre Monsignor Michele Lo Schiavo, Prelato Domestico di Papa Mastai,
Delegato Apostolico di Camerino, fratello del menzionato D. Pasquale,
primo Conte di Pontalto, il 21 settembre del 1848 venne “con i suoi”
- tibì tuisque - aggregato alla Nobiltà di Camerino, anche
in considerazione della “chiara nobiltà” della sua
famiglia.
Non va, infine, trascurata la serie non interrotta negli ultimi duecentocinquant’anni
delle alleanze contratte dai signori Lo Schiavo con le nobili famiglie
Avati, Compagna, Contestabile, Gagliardi, Lupinacci, Luvarà, Plutino,
dal Pozzo, Sbalia, Tropeano e Zerbi.
Arma: spaccato nel 1° d’oro,
allo schiavo al naturale addestrato da un crescente di rosso e sinistrato
da un leone al naturale rampante ad un cipresso terrazzato di verde,
accompagnato in capo da tre bisanti male ordinati d’oro;
nel 2° partito: (a) scaccato d’azzurro e d’oro;
(b) bandato d’oro e di rosso.” |
Stemma
dei Lo Schiavo
tratto da un testo del Lobstein
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Stemma
dei Lo Schiavo
tratto da un testo dello Spreti
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Questo lungo inserto, come si vede, è di estremo interesse in quanto
offre indicazioni più precise riguardo il primo insediamento calabrese
dei Lo Schiavo, pur confermandone l’origine slava, ma ancor prima,
veneta.
Ora passerei all’interessante articolo apparso di recente sul mensile
“La città del sole” [9]
a firma di Isabella Loschiavo, intitolato “Le famiglie patrizie
di Radicena e Jatrinoli: i Loschiavo”, che riporto testualmente:
La famiglia Loschiavo proviene da Bisanzio, così come risulta da
un documento rilasciato il 6 agosto 1848 da Camerino in lingua latina,
in cui si dice che Michele Loschiavo, pronotario apostolico, nominato
da Papa Pio IX a reggere la Segnatura di Camerino e provincia, ha avuto
origine da antichissimi nobili antenati residenti a Bisanzio, i quali
“si allontanarono da lì quando quella sventurata città
cadde sotto la tirannia dei Turchi, dopo che l’impero greco fu abbattuto
da Maometto II”. Da Bisanzio i Loschiavo si trasferirono a Messina
e successivamente a Reggio, ed infine a Cosenza “ricevuti dovunque
con i massimi onori”.
Un ramo dei Loschiavo si è stabilito a Radicena verso la metà
del 1600, come risulta dai libri parrocchiali, dagli atti notarili e dai
documenti degli Atti pastorali.
I primi ad installarsi a Radicena furono: Antonio e Francesco, dai quali
nacquero due ceppi. Da Antonio, che sposò Anna Tropeano, nacquero
tre figli: Pasquale sposò Anna del Pozzo di Mammola: il figlio
di costui Giovan Battista si unì in matrimonio con Giuseppina Pellicano
di Gioiosa Jonica: ed ecco perché questo ramo si chiamò
Loschiavo-Pellicano.
Dal ramo di Francesco, invece, discende il senatore Pasquale, che aveva
sposato in prime nozze Rosina Zerbi e successivamente Benilde Rossignani.
Egli si prodigò presso la popolazione affinché votasse per
il plebiscito a favore dell’Italia una e indivisibile con Vittorio
Emanuele re costituzionale.
Per i suoi meriti verso la corona fu nominato senatore il 24 maggio 1863
ed ottenne dal re la concesssione di Conte di Pontalto con R. D. del 29
gennaio 1865. Per suo interessamento vennero istituite la Guardia Nazionale,
una società operaio di mutuo soccorso ed una banda musicale, diretta
da un certo Papa e successivamente da un tale Mastrangelo.
La moglie di Pasquale Loschiavo, Benilde Rossignani, ha fatto istituire
per testamento un’opera pia: un Asilo che avrebbe dovuto accogliere
bambini poveri gratuitamente e bambini di condizioni normali dietro pagamento
di una retta. Il 5 ottobre 1942 l’Asilo diventò Ente Comunale
di Assistenza. Infine dal 1978 è diventato Asilo Comunale.
Nel corso dei secoli, riscontriamo che molti della famiglia Loschiavo
ricoprirono la carica di sindaco e di consigliere comunale, esercitarono
lo ius patronatus sugli altari delle chiese di Radicena. Dal catasto onciario
si evince che erano possessori di estensioni di terre e riscuotevano censi
dai privati.
Ricordiamo tra i personaggi illustri: Prenestino, poeta e autore di un
volumetto in versi “Povere fronde” (1866), con prefazione
di N. Tommaseo, che lo stimava non poco. Morì a soli 20 anni.
Rocco, preside nell’Istituto normale di Messina, studioso di lettere
latine e greche e conoscitore di molte lingue straniere, tra cui l’ebraico.
Fondò a Radicena la sezione della Democrazia Cristiana, venne eletto
consigliere provinciale e fu nominato presidente del Comitato di Liberazione
Nazionale. Critico letterario e saggista, morì nel 1950.”.
Come si vede, sono molti i punti di contatto tra questo articolo e lo
studio del Lobstein. Nessuno dei due, però, offre alcuno spunto
sugli eventuali rapporti tra i Lo Schiavo di Radicena, ove si insediarono
verso la metà del 1600, e quelli di Monteleone e dintorni, ove,
invece, erano presenti già nella metà del 1500.
Ne è una prova un atto di vendita del 3.1.1575 rogato dal notaio
Michele Pitoja in Monteleone.
In quella data, infatti, Romano Scursi, padre del poeta monteleonese Giandomenico,
“...cede all’onorato Nicola Angelo Loschiavo una vigna “cum
quodam largo territorii” con 350 alberi da frutta in località
“Ropolà” di S. Gregorio, in cambio di tre salme di
mosto, due “còfini de racina de passula” (due ceste
da basto di uva passa), due parti di mele appiole e metà dei frutti,
da corrispondere ogni anno a titolo di censo enfiteutico, come dire che
questa proprietà gli assicurava il vino e la frutta per tutto l’anno.
In un altro atto della metà del ‘500 del notaio Martino Baccaro
viene rogata una compravendita tra Hieremia e Andrea deloschiavo, anch’essi
entrambi di San Gregorio [10].
In altri atti successivi, come nell’Apprezzo del 1650 di Antonio
Tango [11], vengono segnalati Scipione
e Ambrosio Lo Schiavo, entrambi proprietari terrieri nella Terra di Stefanaconi.
La storia ci dice che la città di Costantinopoli, l’antica
Bisanzio, fu espugnata nel 1453 dai 150.000 uomini di Maometto II che
ebbero la meglio sui 9.000 difensori, per lo più greci, genovesi
e veneziani.
Nulla vieta che tra i fuggitivi vi fossero anche slavoni, magari di origine
veneta, che ripararono nel meridione d’Italia.
E può essere possibile, anche se molto romanzesca, la vicenda narrata
dal canonico Addesi relativa ai due fratelli che fuggirono dalla galera
turca fino ad arrivare in Calabria.
I loro discendenti vollero ricordare nello stemma di famiglia, oltre che
l’origine bizantina (raffigurando tre bisanti, ossia tre monete
d’oro bizantine), il momento forse più difficile della loro
storia: la condizione, solo momentanea, di schiavitù, dalla quale
i loro antenati si riscattarono (non sarebbe plausibile, altrimenti, ostentare
in uno stemma di famiglia nobiliare una simbologia che richiamerebbe origini
plebee).
Pertanto, si può concludere affermando che i Lo Schiavo di Calabria,
ovunque abbiano posto la loro residenza, tranne che in qualche caso sparuto,
hanno origini comuni, tanto più se si deve dar credito alla leggenda
dei due fratelli di 500 anni or sono.
Ho escluso dalla ricerca individui dai cognomi derivati (Schiavi, Schiavello,
Schiavone, Lo Scavo, ecc...) pur supponendo una probabile origine comune.
A proposito delle famiglie Schiavi, aggiungo soltanto che R. Capalbo (“Memorie
storiche di Acri” - S. Maria C. V., 1924) le include tra le famiglie
nobili di Acri. Una loro diramazione la troviamo a Radicena e, qualche
individuo, a Monteleone fino ai primi dell’ottocento.
BIBLIOGRAFIA CONSULTATA E RIFERIMENTI:
[1] >> G. Treccani, Dizionario Enciclopedico Italiano,
Istituto Poligrafico dello Stato, Roma, 1970.
[2] >> G. Rohlfs, Dizionario dei cognomi e soprannomi
in Calabria, Longo Editore, Ravenna, 1979.
[3] >> Vi erano altri due Comuni denominati Schiavi,
uno in provincia di Caserta e l'altro in provincia di Frosinone, che da
molto tempo hanno mutato il loro nome, rispettivamente, in Liberi e Fontechiari.
L'origine della vecchia denominazione, però, in entrambi i casi,
ha a che vedere con la condizione di schiavitù degli antichi abitanti.
[4] >> Tavole Cronologiche della Storia Universale
dal principio del mondo fino ai tempi nostri, Napoli, 1809, pag. 143.
[5] >> E. De Felice, dizionario dei cognomi italiani.
[6] >> Tavole Cronologiche della Storia Universale
dal principio del mondo fino ai tempi nostri, Napoli, 1809, pag.18.
[7] >> G. Pensabene, Cognomi e toponimi in Calabria,
Gangemi Editore, Grafiche Meridionali, 1987, pag. 248.
[8] >> F. Von Lobstein, Settecento Calabrese, Frama
Sud, Chiaravalle Centrale, 1990 - pagg.158, 159, 160.
[9] >> ”La città del sole”,
ed. Sosed, Rosarno, aprile 1998. Articolo di Isabella Loschiavo.
[10] >> Da ricordare che a Radicena i Loschiavo
si stabilirono nei primi anni del 1600 mentre questi atti dimostrano la
presenza di individui con questo cognome nei dintorni di Monteleone già
a metà del 1500.
[11] >> Barilaro A., “Apprezzo dello Stato
di Soriano in Calabria Ultra 1650”, ed. Barbaro, 1982.
ESTRATTO DA :
“Genealogia dei Lo Schiavo di Monteleone di Calabria – Vibo
Valentia”
di Francesco Nazzareno Lo Schiavo ---- sezione VI
antonio
7° lo schiavo di S.Marina Salina
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